La tanto decantata attenzione alle necessità ed alle esigenze delle piccole imprese tanto sbandierata in campagna elettorale e nelle dichiarazioni ufficiali dalle forze politiche attualmente al governo si sta squagliando come neve al sole.
E’ piuttosto difficile affermare il contrario quando si leggono i contenuti dell’art. 10 del DL 34/2019, il cosiddetto Decreto Crescita, e del maxi-emendamento presentato dalla Lega al DDL “Sblocca-Cantieri” con il quale si propone, in rapida successione, la liberalizzazione dell’appalto integrato, l’eliminazione del tetto del 30% al subappalto, l’affidamento diretto nelle gare di importo compreso tra 40mila e 150mila euro per i lavori ed un aumento della discrezionalità delle Stazioni Appaltanti, proprio quelle che, a detta di tutti, è assolutamente necessario qualificare.
Come si vede, un uno-due micidiale capace di mettere definitivamente al tappeto un settore produttivo sano. Figuriamoci quello delle costruzioni, caratterizzato principalmente da piccole imprese, che sta faticosamente tentando di uscire da una crisi ormai più che decennale.
Il primo KO, è facile prevederlo, sarà provocato dal combinato disposto costituito dalla “possibilità” (ma ci vuole del coraggio a chiamarla tale) che ha il contribuente di optare, al posto delle detrazioni, per uno sconto di pari importo e dal fatto che tale sconto verrà poi rimborsato all’impresa come credito di imposta da utilizzare come compensazione fiscale in cinque comode rate annuali. Inutile dire che non sono certo le PMI e le imprese artigiane del settore a poter vantare quegli ingenti crediti di imposta nei confronti del fisco tali da consentire la compensazione, cosa che potranno fare esclusivamente i grandi operatori energetici, gli unici ad avere capienza fiscale adeguata e risorse finanziarie consistenti.
Il KO definitivo verrà invece dalla sospensione per due anni del Codice Appalti. Detta così, potrebbe anche sembrare una cosa innocua o, addirittura, virtuosa; si sospende il Codice per rivedere quelle sue parti che, a detta di qualcuno, hanno bloccato gli appalti negli ultimi tempi. Che sia invece un altro tentativo di danneggiare, o quantomeno non favorire, le piccole imprese, in particolar modo quelle dei settori specialistici come l’impiantistica, e di non risolvere i problemi di trasparenza del mercato degli appalti lo dicono i fatti.
Che senso ha, infatti, proporre di togliere ogni limite al subappalto se non quello di favorire le cosiddette “scatole vuote”? Liberalizzare l’appalto integrato, che tanti danni ha fatto al settore, ed introdurre l’affidamento diretto nelle gare tra 40mila e 150mila euro aiuta la crescita o lo “sblocco” degli appalti pubblici? Aumentare la discrezionalità delle stazioni appaltanti di cui tutti, ma proprio tutti, lamentano la scarsa qualificazione contribuisce a far crescere il mercato?
A tutte queste domande la risposta è un sonoro no e francamente si fa fatica a comprendere, dal punto di vista delle piccole imprese, il senso di queste proposte che, con tutta franchezza, speriamo rimangano tali e vengano rispedite al mittente.
Al Governo chiediamo di ripensarci e di riflettere in modo approfondito sui danni, incalcolabili, che questi due provvedimenti, se non dovessero essere modificati (art. 10 del DL Crescita) o se dovessero essere approvati (emendamento Lega al Codice Appalti) possono cagionare al sistema delle piccole imprese del settore. Perché i bisogni delle PMI non basta citarli astrattamente in campagna elettorale; vanno soddisfatti nella pratica se si vuole mantenere vitale ed in condizione di competere un settore che, nonostante la crisi, in questi anni difficili ha continuato a produrre ricchezza ed a difendere i propri livelli occupazionali.